
La passione per l'arte, la stessa che prova Artemisia Gentileschi che ha dipinto questa Santa Cecilia. Il romanzo di Susan Vreeland inizia nel 1612: il pittore Orazio Gentileschi ha citato al tribunale dell'Inquisizione di Roma l'amico Agostino Tassi per aver violentato sua figlia, la diciottenne Artemisia. L'umiliazione dell' interrogatorio che mette in dubbio l'integrità e la sincerità della ragazza, la tortura,la visita medica sotto lo sguardo di tutti,quello che lei reputa il tradimento del padre che pensa solo alla sua pittura, il matrimonio combinato con un pittore di Firenze. Artemisia ha già dipinto delle grandi tele, dipinge da quando era bambina, dipingere è, per lei, una maniera di vivere, è sentire la vita con maggiore intensità degli altri, è essere più vivi degli altri. La sua non è una pittura convenzionale, perché lei non è una donna convenzionale. Suo padre dirà che è la Sibilla di una nuova era (che rivincita su quello stesso termine usato per indicare la tortura a cui era stata sottoposta, come una prova della verità!). Artemisia osserva, riflette, guarda le cose da un' altra prospettiva. Artemisia diventa Giuditta che uccide Oloferne (non avrebbe ucciso volentieri Agostino?).
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